first edition
1567 · Venice
by OLIVIERO, Antonio Francesco (1520-1580)
THE COPY OF GIROLAMO D'ADDA (1815-1881)
Three parts in two volumes, 4to (mm). [16], 316, [4]; 330, [6]; 43, [1], 15, [1] pp. Collation: 1A8, A-V8; a-x8; aa-bb8 cc6 aaa8. Leaves V8 and x8 are blank. Colophon and printer's device on ll. V7v, x6r, cc6v and aaa8v. Errata for part one and two on ll. x6v-x7r; errata for part three on l. cc6r. La Alamanna is divided into two parts, and is followed by Oliviero's Carlo Quinto in Olma, L'origine d'amore and the Canzone deplorando le miserie d'Italia per le guerre sparse per tutta la Provincia l'anno 1557 with separate numbering at the end of volume two. Woodcut architectonical title with woodcut portrait of the author on verso, to both volumes, and repeated with some minor changes for the third part (Carlo Quinto in Olma), which has separate title. The title-pages show a triumphal arch with equestrian portrait and imperial arms of Charles V; the standing figures on the sides are Charles V's military personel in the war, among them Fernando Alvarez de Toledo, duke of Alba and lieutenenat-general of the imperial army, Ottavio Farnese, duke of Castro and general of the Pope's army, Philipp II, and Maximilian. The portrait of the author is within a scrollwork frame which includes his coat of arms. Moreover part one is illustrated with 12 full-page and 24 half-page woodcuts. Woodcut historiated initials and decorative head- and tail-pieces. Late 19th-century full polished calf with armorial gilt stamp on covers, spine with raised bands with gilt tooling on bands and extensive gilt tooling and scrollwork in the compartments, all edges gilt, marbled endpapers, the binding is marked on the inside scrolled border "Binda Milano" (joints and bottom of spine repaired). A very nice, clean copy in pristine condition.
Provenance: The coat-of-arms on the covers, featuring a crowned eagle beneath a larger crown with the motto "Con Limpidezza" in the scrollwork beneath, belongs to the Italian collector and writer Girolamo D'Adda Salvaterra (1815-1881), whose library became one of the most important in Milan and was then acquired by the English bibliophile Charles Fairfax Murray (cf. D.B.I., Rome, 1985, vol. 341, pp. 617-622; Catalogo dei libri posseduti da Ch. Fairfax Murray provenienti dalla bibl. del marchese Girolamo d'Adda, London, 1902; and V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milan, 1928, vol. I, pp. 315-316).
Rare first edition of this epic poem in 24 books chronicling the so-called Schmalkaldic War between Emperor Charles V and the Schmalkaldic League in the years 1546-1547, during which Charles V successfully forced the Protestant princes into submission.
The woodcuts illustrating the first volume show battle and camp scenes with the principal characters identified, possibly by the same artist who cut for Valgrisi the blocks of Ariosto's Orlando Furioso. The illustration for book one shows the author, Homer, Vergil, the Muses and St. Peter. "Pictured in other cuts are various battles of the war, with Charles V and the other participants, maps, and city views. Valgrisi mentioned the expense of the illustrations in his address to the reader in part I (leaf A7v), and this program of illustration did prove to be too elaborate to continue throughout the work" (R. Mortimer, Harvard College Library, Italian 16th Century Books, Cambridge MA, 1974, II, p. 476).
It appears from Valgrisi's preface to part two that other illustrations had been planned throughout the text, but were not realized because of the considerable expense involved.
"Oltrepassato il crinale della metà del Cinquecento, Antonio Francesco Olivieri, letterato vicentino, giurista, vicino a Giovan Giorgio Trissino e ad Andrea Palladio, promuove la storia contemporanea a materia di poema eroico: la sua fluviale Alamanna si incentra, infatti, sulla guerra ingaggiata da Carlo V contro la Lega di Smalcalda (1546-47). Pubblicata nel 1567 da Vincenzo Valgrisi, editore di origini lionesi ma trapiantato in Italia, prima a Roma e poi a Venezia, l'opera, pur essendo di qualità artistica mediocre, presenta vari elementi di un certo interesse, come l'elezione a modello dell'Italia liberata da Gotti di Trissino, di cui l'Alamanna adotta anche il metro (l'endecasillabo sciolto), l'osservanza dei dettami aristotelici (e trissiniani) dell'unità di azione e il conseguente posizionamento di Omero (e di Virgilio) ai vertici dell'epica, e, non ultimo, il ricco corredo iconografico.
Il poema, in due parti di dodici libri ciascuna, è la più cospicua prova dell'Olivieri, ma non l'unica; egli scrisse, infatti, anche i poemetti in sciolti Carlo Quinto in Olma - sul trionfo dell'imperatore al termine della guerra di Germania, "relazione di un avvenimento inventato" - e L'origine d'Amore, di natura mitologica, nonché una Canzone sulle miserie d'Italia per le guerre sparse per tutta la Provincia l'anno 1557, in cui si esalta il ruolo di Venezia, vista come unica possibile salvezza delle sorti della Penisola […] Quasi sempre questo corpus poetico appare nella sua integrità, rilegato in un unico volume, tuttavia, come si vedrà, occorse anche una distribuzione disgiunta delle sue varie parti, in particolare della terza (Carlo Quinto in Olma) e quarta (L'origine d'amore e la Canzone) rispetto alla prima e alla seconda; per l'Alamanna, invece, è lo stesso editore a sottolineare l'inscindibilità strutturale delle due parti non soltanto a parole, ma anche presentando l'errata corrige dell'intero poema alla fine del ventiquattresimo e ultimo libro, benché egli non escluda che, data la mole dell'opera, i compratori possano preferire tenerle separate […] Che le varie parti abbiano anche potuto circolare separatamente sembra essere testimoniato dagli stessi esemplari superstiti […] Guardando però al volume nel suo complesso, ovvero così come è stato conservato nella maggior parte dei casi, un blocco, per cosi dire, organico e costituito dall'Alamanna e dal Carlo Quinto, che nell'insieme danno vita a una sorta di saga epica dell'imperatore, celebrando la guerra contro la Lega di Smalcalda non soltanto nelle sue fasi cruciali e risolutive, ma completandola con una conclusione, storicamente fittizia, celebrativa del trionfo del sovrano, la quale, oltre tutto, consiste nell'ecfrasi di immaginarie architetture, attribuite a Palladio, e di altrettanto immaginari affreschi a loro volta encomiastici delle imprese dell'Asburgo. Estranee a questo ambito sono l'Origine d'Amore e la Canzone; nel caso specifico di quest'ultima, poi, la visione politica è vistosamente mutata rispetto a quella dell'Alamanna e del Carlo Quinto, poiché vengono sottolineati l'egoismo e la violenza delle potenze straniere (compreso l'Impero) ed è esaltata la Serenissima, unico baluardo cui l'Italia dovrebbe affidarsi […]
La linea sulla quale l'Alamanna intende porsi è dichiarata al suo esordio; il compito della premessa teorica, però, è preso in carico dall'editore, limitandosi l'autore a indirizzare una dedicatoria (datata Vicenza, 1° aprile 1567) al tglio ed erede di Carlo V, Filippo Il, "Re Catolico di Spagna e altri regni", nella quale, se si sgombra il campo dagli scontati toni encomiastici, è però evidenziabile la consapevolezza del letterato vicentino in merito all'originalità della materia e alla scelta, per rappresentarla, di un 'nuovo' genere epico, il poema eroico, oggetto ancora di discussioni e contrasti, ma che Olivieri identifica perfettamente - pur non dicendolo in maniera aperta - con l'Italia liberata. Valgrisi offre un'introduzione (datata Venezia, 27 aprile 1567) ben più ampia e articolata: muovendo da una celebrazione dell' 'invenzione de le Stampe', garanti di eternità, di trasmissione del sapere e della poesia, e di qui trascorrendo all'esaltazione di quest'ultima come la più alta e nobile delle discipline […], lo stampatore passa all'elogio dell'Olivieri, cimentatosi con un 'Poema Eroico' non soltanto pieno di dottrina e arte, ma anche esempio mirabile di applicazione dei precetti di Aristotele e di Orazio e di prosecuzione degli eccelsi modelli di Omero e Virgilio. Dopo queste premesse, Valgrisi entra nel vivo della presentazione, lodando la scelta di Olivieri di entrare in medias res, cioè di avere narrato non tutta la vicenda dello scontro, bensi di averne scelto il momento più significativo, che abbraccia il periodo di attesa, ancora a Ratisbona, dell'arrivo degli eserciti imperiali (fine luglio 1546) alle fasi della campagna immediatamente seguenti la risolutiva vittoria di Mühlberg (24 aprile 1547) […]
Dodici dei ventiquattro libri di cui si compone il poema dell'Olivieri sono corredati di silografie. Il loro ruolo è subito dichiarato dal Valgrisi al termine della premessa alla prima parte, già molto citata: inserire delle figure è parso all'editore: 'molto in un Poema al proposito, anzi necessario, essendo che nel leggere si viene anche ad un certo modo a rappresentar l'azzione per via di esse figure, quando massimamente sono fatte con giudicio, e accommodate a la materia e suggetto dell'opera'. Le illustrazioni hanno il compito di rappresentare l'azione, ovvero di tradurre in immagini quanto raccontato, di rendere visibili le parole, portando a compimento effettivo il processo di mutazione del codice immaginativo che si innesca all'atto stesso della lettura (mentre si legge, ci si raffigura nella mente la scena; l'illustrazione sostanzia e codifica questo processo mentale) […] In effetti le illustrazioni dell'Alamanna possono dirsi una puntuale, benché sotto certi aspetti di necessità riassuntiva e talvolta un po' libera, traduzione dei contenuti. Il legame delle vignette con il testo è pertanto assai forte e la loro corretta decifrazione è imprescindibile da una lettura precisa dell'opera.
Il corredo illustrativo del poema è molto ricco: trentasei silografie, oltre al frontespizio e al ritratto dell'autore (entrambi ripetuti a inizio della seconda parte). Nella seconda parte le figure connesse al testo sono assenti, ed è ancora l'editore, in una nuova premessa (già ricordata sopra), a spiegarne il motivo, senza nascondere il rammarico per la rinuncia - un rammarico dovuto, a mio parere, anche all'effettiva perdita di attrattiva commerciale del libro -, causata da questioni di tempo. L'opera, infatti, benché stampata in due parti per comodità, data la sua considerevole estensione, è un unicum non scindibile e perfettamente ordinato, ma la preparazione e l'impaginazione delle silografie è faccenda lunga e complicata ed esse avrebbero perciò ritardato troppo la pubblicazione degli ultimi dodici libri, lasciando i lettori in sospeso e di fatto rompendo quell'unità rivendicata con tanta insistenza […] Valgrisi non era nuovo a esperienze editoriali impegnative sul versante dei libri illustrati […] Sia nel Decameron sia nell'Orlando furioso valgrisiani, però, compare una sola silografia a piena pagina e a inizio di ogni giornata o di ogni canto; nell'Alamanna, invece, ogni libro è illustrato da ben tre figure, di cui una a piena pagina, sempre collocata a inizio di ciascun libro, e le rimanenti, più piccole, inserite nel testo al centro della pagina, quasi sempre in esatta corrispondenza con i versi implicati; tutte sono contornate da cornici ornamentali a motivi floreali, con l'aggiunta di mascheroni e statue. Nel Furioso, più coinvolto in un confronto con l'Alamanna in quanto entrambi 'libri di battaglia', le immagini, pluriepisodiche e a narrazione continua, propongono una sorta di 'riassunto' del canto, selezionandone gli episodi ritenuti significativi e cercando di rispettare le successioni del racconto attraverso la disposizione del tempo narrativo nello spazio dal primo piano (dove sono rappresentati i primi avvenimenti riferiti dai versi) allo sfondo, seguendo però un andamento non lineare ma a serpentina, che in un certo senso riproduce 'il particolare movimento […] a zig zag' caratteristico del poema' […] Viceversa, il fatto di avere triplicato le immagini delegate a rappresentare il contenuto di ogni libro permette all'ignoto illustratore dell'Alamanna di diluirne il 'riassunto', consentendo, almeno in teoria, una migliore leggibilità del racconto figurato. L'esperienza del Furioso valgrisiano è comunque evidente nell'adozione anche nel poema dell'Olivieri di silografie a piena pagina, cioè le dodici poste ad apertura di ciascun libro, che permettono di concentrare una porzione consistente del racconto per verbis.
La fedeltà del poema dell'Olivieri a un modello e a una poetica basati su di una rigorosa unità di azione e sulla linearità dello sviluppo temporale porterebbe a pensare che anche le sue illustrazioni rispecchino siffatte prescrizioni, e quindi respingano la pratica della rappresentazione pluriepisodica e della narrazione continua, sulle quali era in corso in ambito figurativo un serrato dibattito, che andava di pari passo con quello sul poema e sul romanzo e sulle unità di tempo e di azione. Il divieto di ritrarre nella stessa opera figurativa più di un'azione e di un momento temporale e la non liceità che in una sola 'veduta' compaia lo stesso personaggio impegnato in azioni diverse, svoltesi in momenti differenti, sono sostenuti con vigore da Vincenzio Borghini; egli respinge anche la possibilità, offerta dalla prospettiva, di scalare la disposizione delle figure (dal primo piano allo sfondo), che consente di riprodurre la presenza dello stesso personaggio in luoghi e tempi diversi […] Nonostante queste prese di posizione, nelle illustrazioni dei testi la pratica della narrazione continua e della molteplicità degli episodi non solo sussiste, ma anzi mostra di avere una tendenza inversa rispetto a quella che si verifica in ambito pittorico, dove vengono progressivamente abbandonate. Non sorprende, dunque, che pluralità narrativa e narrazione continua siano adottate anche nelle figure dell'Alamanna: la funzione riassuntiva del testo ricoperta dalle immagini implica per forza la rappresentazione nella stessa vignetta di eventi differenti ma contemporanei (per esempio, ciò che accade nel medesimo momento nei campi di Carlo V e della Lega) oppure di diversi momenti temporali, che ripercorrono le varie fasi di un accadimento, e i piani temporali sono scanditi dalla disposizione dei personaggi dal primo piano (indifferentemente a destra o a sinistra) allo sfondo (figg. 5 e 6). D'altronde, anche nel racconto per figuras di un solo episodio, o se si preferisce di una parte dell'azione, il problema del tempo è ineludibile, a meno, ovviamente, di optare per la raffigurazione di un solo momento di un unico episodio, o dell'azione, cioè dell' 'istante bloccato' (fig. 7). Nell'Alamanna, l'ambizione di esaustività riassuntiva delle immagini da un lato e la frequente rappresentazione di scontri e battaglie dall'altro comportano che alcune di esse siano assai affollate di personaggi, i principali dei quali sono contrassegnati dai loro nomi abbreviati, secondo una consuetudine di lunga durata nei libri illustrati. Abbreviazioni sono impiegate anche per segnalare i nomi dei luoghi in cui l'azione si svolge (fig. 8); inoltre, accogliendo una delle innovazioni del Furioso valgrisiano, vengono introdotte delle carte geografiche. La stringente e sostanziale unità di luogo dell'azione, compresa in un perimetro piuttosto circoscritto, però riduce drasticamente - rispetto alle centripete ed erranti peripezie ariostesche - la necessità di fare ricorso a una cartografia di vasto respiro, per cui le mappe vere e proprie si riducono a due e il loro uso è non a caso connesso con una digressione (la tempesta in cui si imbatte il principe di Sulmona) e con i prodigi causati dalla collera di Dio (i fulmini su Malines e Napoli) (figg. 9 e 10). In altre incisioni le coordinate spaziali servono a indicare, ma anche a delimitare, I luoghi dello svolgimento delle operazioni belliche; si trovano percio fiumi, città, colline, boschi, utili a visualizzare il teatro della guerra e lo svolgimento delle manovre (fig. 8).
La raffigurazione del paesaggio, dunque, è una miscela tra elementi realistici e altri privi di carattere distintivo. Alture e selve sono stilizzate, mentre le vedute dei centri urbani (Anversa, Augusta, Ingolstadt, Landshut, Neuburg, Ratisbona) presentano in parte architetture standardizzate e spesso di tipo classicheggiante (predilette sono le costruzioni a pianta centrale, talvolta 'sfacciate' per consentire di vedere l'interno) (fig. 11), in parte edifici riconoscibili, che hanno cioè corrispondenza nella realtà: per esempio, nell'incisione di apertura del libro secondo sembra di potere ravvisare dentro le mura di Landshut la Collegiata di San Martino (fig. 8); ma può anche succedere che la sagoma di un edificio che potrebbe essere caratteristico di una città venga impiegata per tutt'altra, come la guglia stellata che appare sia nel disegno di Augusta (libro VI, p. 139: fig. 13), sia in quello di Ingolstadt (libro XII, p. 303: fig. 14).
Nonostante il generale contenimento degli spazi dell'azione, vi sono nell'Alamanna anche spostamenti più rilevanti; essi, però, sono appannaggio delle creature angeliche e diaboliche, che si muovono fra cielo, inferno e terra, e sulla terra possono raggiungere località lontane, come le desolate lande dell'Ungheria dove sono rinchiuse in una grotta Discordia e Ira. In tali frangenti l'illustratore non inserisce carte geografiche, ma questi posti remoti sono raffigurati a stretto contatto con quelli in cui avviene l'azione principale, cioè la guerra, dai quali sono distinti sfruttando i suggerimenti descrittivi del poema, e quindi inserendo nella silografia grotte, alberi o altri particolari che scandiscono i movimenti nello spazio e nel tempo (fig. 15). Il mondo infernale è spesso evocato soltanto dal disegno del suo ingresso affacciato su di un antro oscuro, alle soglie del quale siede Plutone-Satana, circondato da demoni e da animali dalla forte valenza simbolica (figg. 15, 16). Solo in un caso, cioè l'incontro tra Plutone e Lutero, l'artista, trascinato dal testo, si spinge a rappresentare l'interno degli inferi con un'immagine in cui agiscono sia un'ormai consolidata tradizione iconografica sia le memorie dantesche (le mura della città di Dite, le arche infuocate degli eretici, Cocito ghiacciato: fig. 17). Il mondo celeste, per parte sua, è rappresentato con soffici nubi su cui siedono o stazionano Dio, le Muse e le varie creature 'angeliche'. La fedeltà al poema arriva al punto da spingere l'illustratore a tradurre letteralmente nel disegno 'la stellata ombrella' dei versi, sotto la quale siede Dio in atto di ascoltare le supplici Pepromena e Pronia (libro VI, pp. 138-9: fig. 13).
La maggior parte delle silografie è però occupata dalla narrazione della guerra, per meglio dire della guerra combattuta. Le vignette diventano allora la visualizzazione degli scontri nelle loro varie fasi, trascorrendo – talvolta nella stessa immagine – dall'ordinata disposizione delle milizie in spostamento (fig. 18) o pronte all'azione, all'ossimorico ordinato disordine delle battaglie, in cui si cerca di rendere leggibile la strategia delle manovre, fino al caotico cozzare degli eserciti uno contro l'altro e alla conseguente carneficina. In queste incisioni, in cui i personaggi sono spesso ritratti in movimento, sono evidenziabili alcuni motivi iconografici ricorrenti di forte impatto: le serrate fila dei combattenti, le fumate delle armi da fuoco, la selva delle picche - vera e propria ossessione nei confronti di una delle armi più rappresentative e simboliche della guerra cinquecentesca -, il groviglio di corpi umani e cavalli, i cadaveri a terra, elmi, scudi e armi persi durante i combattimenti, lo sventolare delle insegne, stilizzate ma riconoscibili (figg. 19 e 20); (a proposito è molto suggestiva la silografia di apertura del libro XI, in cui si vedono, fra gli altri, gli stendardi della Sassonia e d'Assia, ma che andrebbe più profondamente indagata: fig. 21).
Nelle scene 'di massa' vengono evidenziate, tramite l'apposizione dei nomi abbreviati, le posizioni dei capitani, con un occhio di riguardo per I condottieri italiani (in particolare per il vicentino Ippolito Da Porto e per Ottavio Farnese); anche i capi della Lega sono tenuti nel debito conto, soprattutto il langravio, presente in numerose vignette. Ma fra tutti spicca Carlo V, sempre subito identificabile e raffigurato in due vesti: quella del sovrano, abbigliato con un sontuoso mantello bordato di pelliccia, collare del Toson d'oro, corona imperiale e scettro (fig. 11), e quella del guerriero e del generale, coperto dalla corazza, lancia o bastone del comando in pugno, sul capo un elmo, talvolta con ricco pennacchio e la celata abbassata, in sella a un cavallo con elaborata gualdrappa recante le insegne imperiali, intento a dare ordini ai suoi e a incoraggiarli o lanciato coraggiosamente nello scontro (figg. 23, 24, 25) […] I due ruoli - il 'mestiere delle armi' e l'esercizio della sovranità - , in attivo e dinamico rapporto nel corso di una vita compiutasi sotto il segno di un'eccezionale grandezza, si ricompongono nella fissità di un'immagine definitiva, in cui convergono entrambi, e ormai consegnata alla storia. L'imperatore è morto, i suoi domini sono già stati ripartiti e divisi, ma la sua effigie e pronta a varcare le porte dell'eternità: è l'estrema realizzazione del Plus ultra del suo motto, un' 'oltranza' che non si spinge soltanto più alla conquista dello spazio, ma anche del tempo" (P. Pellizzari, Poema eroico e storia contemporanea: 'La Alamanna' illustrata di Antonio Francesco Olivieri, in: "Le armi e i cavalieri. La guerra e i suoi simboli dal Medioevo all'Età moderna", Alessandria, 2018, pp. 87-116).
Edit 16, CNCE38244; Adams O-167; Mortimer, no. 326; G. Zappella, Il ritratto nel libro italiano del Cinquecento, Milan, 1988, I, pp. 92 and 248; F. Barberi, Il frontespizio nel libro italiano del Quattrocento e del Cinquecento, Milan, 1969, I, p. 130. (Inventory #: 224)
Three parts in two volumes, 4to (mm). [16], 316, [4]; 330, [6]; 43, [1], 15, [1] pp. Collation: 1A8, A-V8; a-x8; aa-bb8 cc6 aaa8. Leaves V8 and x8 are blank. Colophon and printer's device on ll. V7v, x6r, cc6v and aaa8v. Errata for part one and two on ll. x6v-x7r; errata for part three on l. cc6r. La Alamanna is divided into two parts, and is followed by Oliviero's Carlo Quinto in Olma, L'origine d'amore and the Canzone deplorando le miserie d'Italia per le guerre sparse per tutta la Provincia l'anno 1557 with separate numbering at the end of volume two. Woodcut architectonical title with woodcut portrait of the author on verso, to both volumes, and repeated with some minor changes for the third part (Carlo Quinto in Olma), which has separate title. The title-pages show a triumphal arch with equestrian portrait and imperial arms of Charles V; the standing figures on the sides are Charles V's military personel in the war, among them Fernando Alvarez de Toledo, duke of Alba and lieutenenat-general of the imperial army, Ottavio Farnese, duke of Castro and general of the Pope's army, Philipp II, and Maximilian. The portrait of the author is within a scrollwork frame which includes his coat of arms. Moreover part one is illustrated with 12 full-page and 24 half-page woodcuts. Woodcut historiated initials and decorative head- and tail-pieces. Late 19th-century full polished calf with armorial gilt stamp on covers, spine with raised bands with gilt tooling on bands and extensive gilt tooling and scrollwork in the compartments, all edges gilt, marbled endpapers, the binding is marked on the inside scrolled border "Binda Milano" (joints and bottom of spine repaired). A very nice, clean copy in pristine condition.
Provenance: The coat-of-arms on the covers, featuring a crowned eagle beneath a larger crown with the motto "Con Limpidezza" in the scrollwork beneath, belongs to the Italian collector and writer Girolamo D'Adda Salvaterra (1815-1881), whose library became one of the most important in Milan and was then acquired by the English bibliophile Charles Fairfax Murray (cf. D.B.I., Rome, 1985, vol. 341, pp. 617-622; Catalogo dei libri posseduti da Ch. Fairfax Murray provenienti dalla bibl. del marchese Girolamo d'Adda, London, 1902; and V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milan, 1928, vol. I, pp. 315-316).
Rare first edition of this epic poem in 24 books chronicling the so-called Schmalkaldic War between Emperor Charles V and the Schmalkaldic League in the years 1546-1547, during which Charles V successfully forced the Protestant princes into submission.
The woodcuts illustrating the first volume show battle and camp scenes with the principal characters identified, possibly by the same artist who cut for Valgrisi the blocks of Ariosto's Orlando Furioso. The illustration for book one shows the author, Homer, Vergil, the Muses and St. Peter. "Pictured in other cuts are various battles of the war, with Charles V and the other participants, maps, and city views. Valgrisi mentioned the expense of the illustrations in his address to the reader in part I (leaf A7v), and this program of illustration did prove to be too elaborate to continue throughout the work" (R. Mortimer, Harvard College Library, Italian 16th Century Books, Cambridge MA, 1974, II, p. 476).
It appears from Valgrisi's preface to part two that other illustrations had been planned throughout the text, but were not realized because of the considerable expense involved.
"Oltrepassato il crinale della metà del Cinquecento, Antonio Francesco Olivieri, letterato vicentino, giurista, vicino a Giovan Giorgio Trissino e ad Andrea Palladio, promuove la storia contemporanea a materia di poema eroico: la sua fluviale Alamanna si incentra, infatti, sulla guerra ingaggiata da Carlo V contro la Lega di Smalcalda (1546-47). Pubblicata nel 1567 da Vincenzo Valgrisi, editore di origini lionesi ma trapiantato in Italia, prima a Roma e poi a Venezia, l'opera, pur essendo di qualità artistica mediocre, presenta vari elementi di un certo interesse, come l'elezione a modello dell'Italia liberata da Gotti di Trissino, di cui l'Alamanna adotta anche il metro (l'endecasillabo sciolto), l'osservanza dei dettami aristotelici (e trissiniani) dell'unità di azione e il conseguente posizionamento di Omero (e di Virgilio) ai vertici dell'epica, e, non ultimo, il ricco corredo iconografico.
Il poema, in due parti di dodici libri ciascuna, è la più cospicua prova dell'Olivieri, ma non l'unica; egli scrisse, infatti, anche i poemetti in sciolti Carlo Quinto in Olma - sul trionfo dell'imperatore al termine della guerra di Germania, "relazione di un avvenimento inventato" - e L'origine d'Amore, di natura mitologica, nonché una Canzone sulle miserie d'Italia per le guerre sparse per tutta la Provincia l'anno 1557, in cui si esalta il ruolo di Venezia, vista come unica possibile salvezza delle sorti della Penisola […] Quasi sempre questo corpus poetico appare nella sua integrità, rilegato in un unico volume, tuttavia, come si vedrà, occorse anche una distribuzione disgiunta delle sue varie parti, in particolare della terza (Carlo Quinto in Olma) e quarta (L'origine d'amore e la Canzone) rispetto alla prima e alla seconda; per l'Alamanna, invece, è lo stesso editore a sottolineare l'inscindibilità strutturale delle due parti non soltanto a parole, ma anche presentando l'errata corrige dell'intero poema alla fine del ventiquattresimo e ultimo libro, benché egli non escluda che, data la mole dell'opera, i compratori possano preferire tenerle separate […] Che le varie parti abbiano anche potuto circolare separatamente sembra essere testimoniato dagli stessi esemplari superstiti […] Guardando però al volume nel suo complesso, ovvero così come è stato conservato nella maggior parte dei casi, un blocco, per cosi dire, organico e costituito dall'Alamanna e dal Carlo Quinto, che nell'insieme danno vita a una sorta di saga epica dell'imperatore, celebrando la guerra contro la Lega di Smalcalda non soltanto nelle sue fasi cruciali e risolutive, ma completandola con una conclusione, storicamente fittizia, celebrativa del trionfo del sovrano, la quale, oltre tutto, consiste nell'ecfrasi di immaginarie architetture, attribuite a Palladio, e di altrettanto immaginari affreschi a loro volta encomiastici delle imprese dell'Asburgo. Estranee a questo ambito sono l'Origine d'Amore e la Canzone; nel caso specifico di quest'ultima, poi, la visione politica è vistosamente mutata rispetto a quella dell'Alamanna e del Carlo Quinto, poiché vengono sottolineati l'egoismo e la violenza delle potenze straniere (compreso l'Impero) ed è esaltata la Serenissima, unico baluardo cui l'Italia dovrebbe affidarsi […]
La linea sulla quale l'Alamanna intende porsi è dichiarata al suo esordio; il compito della premessa teorica, però, è preso in carico dall'editore, limitandosi l'autore a indirizzare una dedicatoria (datata Vicenza, 1° aprile 1567) al tglio ed erede di Carlo V, Filippo Il, "Re Catolico di Spagna e altri regni", nella quale, se si sgombra il campo dagli scontati toni encomiastici, è però evidenziabile la consapevolezza del letterato vicentino in merito all'originalità della materia e alla scelta, per rappresentarla, di un 'nuovo' genere epico, il poema eroico, oggetto ancora di discussioni e contrasti, ma che Olivieri identifica perfettamente - pur non dicendolo in maniera aperta - con l'Italia liberata. Valgrisi offre un'introduzione (datata Venezia, 27 aprile 1567) ben più ampia e articolata: muovendo da una celebrazione dell' 'invenzione de le Stampe', garanti di eternità, di trasmissione del sapere e della poesia, e di qui trascorrendo all'esaltazione di quest'ultima come la più alta e nobile delle discipline […], lo stampatore passa all'elogio dell'Olivieri, cimentatosi con un 'Poema Eroico' non soltanto pieno di dottrina e arte, ma anche esempio mirabile di applicazione dei precetti di Aristotele e di Orazio e di prosecuzione degli eccelsi modelli di Omero e Virgilio. Dopo queste premesse, Valgrisi entra nel vivo della presentazione, lodando la scelta di Olivieri di entrare in medias res, cioè di avere narrato non tutta la vicenda dello scontro, bensi di averne scelto il momento più significativo, che abbraccia il periodo di attesa, ancora a Ratisbona, dell'arrivo degli eserciti imperiali (fine luglio 1546) alle fasi della campagna immediatamente seguenti la risolutiva vittoria di Mühlberg (24 aprile 1547) […]
Dodici dei ventiquattro libri di cui si compone il poema dell'Olivieri sono corredati di silografie. Il loro ruolo è subito dichiarato dal Valgrisi al termine della premessa alla prima parte, già molto citata: inserire delle figure è parso all'editore: 'molto in un Poema al proposito, anzi necessario, essendo che nel leggere si viene anche ad un certo modo a rappresentar l'azzione per via di esse figure, quando massimamente sono fatte con giudicio, e accommodate a la materia e suggetto dell'opera'. Le illustrazioni hanno il compito di rappresentare l'azione, ovvero di tradurre in immagini quanto raccontato, di rendere visibili le parole, portando a compimento effettivo il processo di mutazione del codice immaginativo che si innesca all'atto stesso della lettura (mentre si legge, ci si raffigura nella mente la scena; l'illustrazione sostanzia e codifica questo processo mentale) […] In effetti le illustrazioni dell'Alamanna possono dirsi una puntuale, benché sotto certi aspetti di necessità riassuntiva e talvolta un po' libera, traduzione dei contenuti. Il legame delle vignette con il testo è pertanto assai forte e la loro corretta decifrazione è imprescindibile da una lettura precisa dell'opera.
Il corredo illustrativo del poema è molto ricco: trentasei silografie, oltre al frontespizio e al ritratto dell'autore (entrambi ripetuti a inizio della seconda parte). Nella seconda parte le figure connesse al testo sono assenti, ed è ancora l'editore, in una nuova premessa (già ricordata sopra), a spiegarne il motivo, senza nascondere il rammarico per la rinuncia - un rammarico dovuto, a mio parere, anche all'effettiva perdita di attrattiva commerciale del libro -, causata da questioni di tempo. L'opera, infatti, benché stampata in due parti per comodità, data la sua considerevole estensione, è un unicum non scindibile e perfettamente ordinato, ma la preparazione e l'impaginazione delle silografie è faccenda lunga e complicata ed esse avrebbero perciò ritardato troppo la pubblicazione degli ultimi dodici libri, lasciando i lettori in sospeso e di fatto rompendo quell'unità rivendicata con tanta insistenza […] Valgrisi non era nuovo a esperienze editoriali impegnative sul versante dei libri illustrati […] Sia nel Decameron sia nell'Orlando furioso valgrisiani, però, compare una sola silografia a piena pagina e a inizio di ogni giornata o di ogni canto; nell'Alamanna, invece, ogni libro è illustrato da ben tre figure, di cui una a piena pagina, sempre collocata a inizio di ciascun libro, e le rimanenti, più piccole, inserite nel testo al centro della pagina, quasi sempre in esatta corrispondenza con i versi implicati; tutte sono contornate da cornici ornamentali a motivi floreali, con l'aggiunta di mascheroni e statue. Nel Furioso, più coinvolto in un confronto con l'Alamanna in quanto entrambi 'libri di battaglia', le immagini, pluriepisodiche e a narrazione continua, propongono una sorta di 'riassunto' del canto, selezionandone gli episodi ritenuti significativi e cercando di rispettare le successioni del racconto attraverso la disposizione del tempo narrativo nello spazio dal primo piano (dove sono rappresentati i primi avvenimenti riferiti dai versi) allo sfondo, seguendo però un andamento non lineare ma a serpentina, che in un certo senso riproduce 'il particolare movimento […] a zig zag' caratteristico del poema' […] Viceversa, il fatto di avere triplicato le immagini delegate a rappresentare il contenuto di ogni libro permette all'ignoto illustratore dell'Alamanna di diluirne il 'riassunto', consentendo, almeno in teoria, una migliore leggibilità del racconto figurato. L'esperienza del Furioso valgrisiano è comunque evidente nell'adozione anche nel poema dell'Olivieri di silografie a piena pagina, cioè le dodici poste ad apertura di ciascun libro, che permettono di concentrare una porzione consistente del racconto per verbis.
La fedeltà del poema dell'Olivieri a un modello e a una poetica basati su di una rigorosa unità di azione e sulla linearità dello sviluppo temporale porterebbe a pensare che anche le sue illustrazioni rispecchino siffatte prescrizioni, e quindi respingano la pratica della rappresentazione pluriepisodica e della narrazione continua, sulle quali era in corso in ambito figurativo un serrato dibattito, che andava di pari passo con quello sul poema e sul romanzo e sulle unità di tempo e di azione. Il divieto di ritrarre nella stessa opera figurativa più di un'azione e di un momento temporale e la non liceità che in una sola 'veduta' compaia lo stesso personaggio impegnato in azioni diverse, svoltesi in momenti differenti, sono sostenuti con vigore da Vincenzio Borghini; egli respinge anche la possibilità, offerta dalla prospettiva, di scalare la disposizione delle figure (dal primo piano allo sfondo), che consente di riprodurre la presenza dello stesso personaggio in luoghi e tempi diversi […] Nonostante queste prese di posizione, nelle illustrazioni dei testi la pratica della narrazione continua e della molteplicità degli episodi non solo sussiste, ma anzi mostra di avere una tendenza inversa rispetto a quella che si verifica in ambito pittorico, dove vengono progressivamente abbandonate. Non sorprende, dunque, che pluralità narrativa e narrazione continua siano adottate anche nelle figure dell'Alamanna: la funzione riassuntiva del testo ricoperta dalle immagini implica per forza la rappresentazione nella stessa vignetta di eventi differenti ma contemporanei (per esempio, ciò che accade nel medesimo momento nei campi di Carlo V e della Lega) oppure di diversi momenti temporali, che ripercorrono le varie fasi di un accadimento, e i piani temporali sono scanditi dalla disposizione dei personaggi dal primo piano (indifferentemente a destra o a sinistra) allo sfondo (figg. 5 e 6). D'altronde, anche nel racconto per figuras di un solo episodio, o se si preferisce di una parte dell'azione, il problema del tempo è ineludibile, a meno, ovviamente, di optare per la raffigurazione di un solo momento di un unico episodio, o dell'azione, cioè dell' 'istante bloccato' (fig. 7). Nell'Alamanna, l'ambizione di esaustività riassuntiva delle immagini da un lato e la frequente rappresentazione di scontri e battaglie dall'altro comportano che alcune di esse siano assai affollate di personaggi, i principali dei quali sono contrassegnati dai loro nomi abbreviati, secondo una consuetudine di lunga durata nei libri illustrati. Abbreviazioni sono impiegate anche per segnalare i nomi dei luoghi in cui l'azione si svolge (fig. 8); inoltre, accogliendo una delle innovazioni del Furioso valgrisiano, vengono introdotte delle carte geografiche. La stringente e sostanziale unità di luogo dell'azione, compresa in un perimetro piuttosto circoscritto, però riduce drasticamente - rispetto alle centripete ed erranti peripezie ariostesche - la necessità di fare ricorso a una cartografia di vasto respiro, per cui le mappe vere e proprie si riducono a due e il loro uso è non a caso connesso con una digressione (la tempesta in cui si imbatte il principe di Sulmona) e con i prodigi causati dalla collera di Dio (i fulmini su Malines e Napoli) (figg. 9 e 10). In altre incisioni le coordinate spaziali servono a indicare, ma anche a delimitare, I luoghi dello svolgimento delle operazioni belliche; si trovano percio fiumi, città, colline, boschi, utili a visualizzare il teatro della guerra e lo svolgimento delle manovre (fig. 8).
La raffigurazione del paesaggio, dunque, è una miscela tra elementi realistici e altri privi di carattere distintivo. Alture e selve sono stilizzate, mentre le vedute dei centri urbani (Anversa, Augusta, Ingolstadt, Landshut, Neuburg, Ratisbona) presentano in parte architetture standardizzate e spesso di tipo classicheggiante (predilette sono le costruzioni a pianta centrale, talvolta 'sfacciate' per consentire di vedere l'interno) (fig. 11), in parte edifici riconoscibili, che hanno cioè corrispondenza nella realtà: per esempio, nell'incisione di apertura del libro secondo sembra di potere ravvisare dentro le mura di Landshut la Collegiata di San Martino (fig. 8); ma può anche succedere che la sagoma di un edificio che potrebbe essere caratteristico di una città venga impiegata per tutt'altra, come la guglia stellata che appare sia nel disegno di Augusta (libro VI, p. 139: fig. 13), sia in quello di Ingolstadt (libro XII, p. 303: fig. 14).
Nonostante il generale contenimento degli spazi dell'azione, vi sono nell'Alamanna anche spostamenti più rilevanti; essi, però, sono appannaggio delle creature angeliche e diaboliche, che si muovono fra cielo, inferno e terra, e sulla terra possono raggiungere località lontane, come le desolate lande dell'Ungheria dove sono rinchiuse in una grotta Discordia e Ira. In tali frangenti l'illustratore non inserisce carte geografiche, ma questi posti remoti sono raffigurati a stretto contatto con quelli in cui avviene l'azione principale, cioè la guerra, dai quali sono distinti sfruttando i suggerimenti descrittivi del poema, e quindi inserendo nella silografia grotte, alberi o altri particolari che scandiscono i movimenti nello spazio e nel tempo (fig. 15). Il mondo infernale è spesso evocato soltanto dal disegno del suo ingresso affacciato su di un antro oscuro, alle soglie del quale siede Plutone-Satana, circondato da demoni e da animali dalla forte valenza simbolica (figg. 15, 16). Solo in un caso, cioè l'incontro tra Plutone e Lutero, l'artista, trascinato dal testo, si spinge a rappresentare l'interno degli inferi con un'immagine in cui agiscono sia un'ormai consolidata tradizione iconografica sia le memorie dantesche (le mura della città di Dite, le arche infuocate degli eretici, Cocito ghiacciato: fig. 17). Il mondo celeste, per parte sua, è rappresentato con soffici nubi su cui siedono o stazionano Dio, le Muse e le varie creature 'angeliche'. La fedeltà al poema arriva al punto da spingere l'illustratore a tradurre letteralmente nel disegno 'la stellata ombrella' dei versi, sotto la quale siede Dio in atto di ascoltare le supplici Pepromena e Pronia (libro VI, pp. 138-9: fig. 13).
La maggior parte delle silografie è però occupata dalla narrazione della guerra, per meglio dire della guerra combattuta. Le vignette diventano allora la visualizzazione degli scontri nelle loro varie fasi, trascorrendo – talvolta nella stessa immagine – dall'ordinata disposizione delle milizie in spostamento (fig. 18) o pronte all'azione, all'ossimorico ordinato disordine delle battaglie, in cui si cerca di rendere leggibile la strategia delle manovre, fino al caotico cozzare degli eserciti uno contro l'altro e alla conseguente carneficina. In queste incisioni, in cui i personaggi sono spesso ritratti in movimento, sono evidenziabili alcuni motivi iconografici ricorrenti di forte impatto: le serrate fila dei combattenti, le fumate delle armi da fuoco, la selva delle picche - vera e propria ossessione nei confronti di una delle armi più rappresentative e simboliche della guerra cinquecentesca -, il groviglio di corpi umani e cavalli, i cadaveri a terra, elmi, scudi e armi persi durante i combattimenti, lo sventolare delle insegne, stilizzate ma riconoscibili (figg. 19 e 20); (a proposito è molto suggestiva la silografia di apertura del libro XI, in cui si vedono, fra gli altri, gli stendardi della Sassonia e d'Assia, ma che andrebbe più profondamente indagata: fig. 21).
Nelle scene 'di massa' vengono evidenziate, tramite l'apposizione dei nomi abbreviati, le posizioni dei capitani, con un occhio di riguardo per I condottieri italiani (in particolare per il vicentino Ippolito Da Porto e per Ottavio Farnese); anche i capi della Lega sono tenuti nel debito conto, soprattutto il langravio, presente in numerose vignette. Ma fra tutti spicca Carlo V, sempre subito identificabile e raffigurato in due vesti: quella del sovrano, abbigliato con un sontuoso mantello bordato di pelliccia, collare del Toson d'oro, corona imperiale e scettro (fig. 11), e quella del guerriero e del generale, coperto dalla corazza, lancia o bastone del comando in pugno, sul capo un elmo, talvolta con ricco pennacchio e la celata abbassata, in sella a un cavallo con elaborata gualdrappa recante le insegne imperiali, intento a dare ordini ai suoi e a incoraggiarli o lanciato coraggiosamente nello scontro (figg. 23, 24, 25) […] I due ruoli - il 'mestiere delle armi' e l'esercizio della sovranità - , in attivo e dinamico rapporto nel corso di una vita compiutasi sotto il segno di un'eccezionale grandezza, si ricompongono nella fissità di un'immagine definitiva, in cui convergono entrambi, e ormai consegnata alla storia. L'imperatore è morto, i suoi domini sono già stati ripartiti e divisi, ma la sua effigie e pronta a varcare le porte dell'eternità: è l'estrema realizzazione del Plus ultra del suo motto, un' 'oltranza' che non si spinge soltanto più alla conquista dello spazio, ma anche del tempo" (P. Pellizzari, Poema eroico e storia contemporanea: 'La Alamanna' illustrata di Antonio Francesco Olivieri, in: "Le armi e i cavalieri. La guerra e i suoi simboli dal Medioevo all'Età moderna", Alessandria, 2018, pp. 87-116).
Edit 16, CNCE38244; Adams O-167; Mortimer, no. 326; G. Zappella, Il ritratto nel libro italiano del Cinquecento, Milan, 1988, I, pp. 92 and 248; F. Barberi, Il frontespizio nel libro italiano del Quattrocento e del Cinquecento, Milan, 1969, I, p. 130. (Inventory #: 224)